Società rumena che lavora in Italia
consulenza in Romania
Ormai e una pratica molto diffusa, la legge europea lo permette, le leggi italiane solo in certi limiti, senza considerare i vari enti presenti nei diversi settori di attività.
Per poter capire la fattibilità di lavorare in Italia con una società rumena, bisogna andare ad analizzare il settore di attività ed il modo in cui si va ad operare nel territorio italiano.
Il settore dove si pratica di più questa tipo di operazione è sicuramente il settore edile.
Sui giornali possiamo trovare diverse notizie che riguardano queste tipo di pratica.
Il tutto è possibile farlo rispettando le leggi rumene, italiane ed europee, ma bisogno curare tantissimi dettagli.
alcune informazioni utili:
Un cantiere di montaggio o di costruzione la cui durata non oltrepassa i 12 mesi» non configura, di per sé, stabile organizzazione in Italia dell'impresa appaltatrice rumena (art. 5 Convenzione Italia/Romania, più favorevole al contribuente dell'art. 162 Tuir e pertanto prevalente ex art. 169 Tuir).
Il commentario Ocse fornisce interpretazioni sui temi del cantiere e del subappalto, anche con fini antielusivi: la verifica circa l'esistenza o meno della durata di 12 mesi deve essere svolta separatamente per ciascun cantiere (nel caso di più cantieri non connessi fra loro); il cantiere frazionato in più contratti deve essere considerato unico se l'intervento è dotato di coerenza e unitarietà commerciale e geografica; le interruzioni stagionali o temporanee (per scioperi, maltempo ecc.) sono comunque comprese nella durata del cantiere; nel caso di subappalto di opere da parte dell'appaltatore principale il tempo impiegato dai subappaltatori deve essere sommato in capo all'appaltatore principale (fermo restando che anche per i subappaltatori si avrà stabile organizzazione se la loro attività supera i 12 mesi); l'esistenza del cantiere si ha dalla data in cui l'impresa estera avvia il proprio intervento e fino a che non è completato o permanentemente abbandonato.
Tanto premesso e opportunamente ricordato che «l'appalto è il contratto col quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un'opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro» (art. 1655 c.c) e che «l'appaltatore non può dare in subappalto l'esecuzione dell'opera o del servizio, se non è stato autorizzato dal committente» (art. 1656 c.c.), ove la durata del cantiere ecceda i 12 mesi occorrerà valutare molto attentamente, pur se in presenza di un subappalto totale, se davvero esistano solidi elementi tali da poter fondatamente argomentare l'insussistenza di una stabile organizzazione in Italia (ossia, di una «sede fissa di affari in cui l'impresa esercita in tutto o in parte la sua attività», art. 5, comma 1 della Convenzione bilaterale e, con lieve difformità, art. 162, comma 1 del Tuir, e dunque di una sede localizzata in maniera non occasionale nel territorio dello stato) e poter così dimostrare, anche in sede giudiziale, l'inesistenza della stessa, circostanza non semplice da sostenere, a nostro avviso, in relazione alla richiamata nozione codicistica di appalto e posto che tale contratto proprio nel settore edile implica e determina in capo all'appaltatore, ai sensi di varie normative, una complessa e delicata rete di rapporti giuridici e fattuali (supervisione, regia, vigilanza, responsabilità, obblighi, adempimenti) localizzati sul territorio dello stato e che non riteniamo possano venire totalmente meno neppure nell'anomala ipotesi di subappalto totale. Diversamente argomentando, temiamo si possa dubitare seriamente che sussista realmente un rapporto di appalto e che si possa ricadere in ipotesi «patologiche», in particolare di interposizione (fra l'impresa rumena e il subappaltatore italiano) finalizzata a delocalizzare dall'Italia alla Romania parte dell'utile dell'appalto ai sensi e con gli effetti di cui all'art. 37 del dpr 600/73.
Segnaliamo comunque che la stessa Agenzia delle entrate (Ris. 9/3/2007, n. 41) ha precisato, esaminando una diversa tipologia di attività, che la verifica circa l'esistenza di una stabile organizzazione comporta complessi apprezzamenti che investono profili meramente fattuali da valutare sulla base di precisi riscontri e che a tale fine, ove lo si ritenga, è possibile proporre istanza di ruling internazionale ex art. 8, dl 30/9/2003, n. 269, conv. dalla legge 24/11/2003, n. 326.
Ricordiamo inoltre come l'art. 5, comma 4 della Convenzione bilaterale preveda che: «Una persona che agisce in uno stato contraente per conto di un'impresa dell'altro stato contraente, diversa da un agente che goda di uno status indipendente di cui al paragrafo 5, è considerata “stabile organizzazione” nel primo stato se dispone nello stato stesso di poteri che esercita abitualmente e che le permettano di concludere contratti a nome dell'impresa, salvo il caso in cui l'attività di detta persona sia limitata all'acquisto di merci per l'impresa». Trattasi dell'importante nozione di stabile organizzazione «personale», ripresa con alcune differenze dall'art. 162, comma 6 del Tuir.
La configurazione della stabile organizzazione comporta la tenuta delle normali scritture previste per gli imprenditori commerciali dall'art. 14 del dpr 600/73 (cfr. art. 14, u.c.) e la determinazione del reddito (di impresa) secondo i criteri generali del Tuir. La mancanza di una stabile organizzazione comporta alleggerimenti di carattere contabile ma non fa venire comunque meno l'obbligo di dichiarare in Italia i redditi derivanti dall'esercizio di attività commerciali ai sensi degli artt. 23, comma 1, lett. f) e 67, comma 1, lett. i) del Tuir.
Società rumena che lavora in Italia
Ormai e una pratica molto diffusa, la legge europea lo permette, le leggi italiane solo in certi limiti, senza considerare i vari enti presenti nei diversi settori di attività.
Per poter capire la fattibilità di lavorare in Italia con una società rumena, bisogna andare ad analizzare il settore di attività ed il modo in cui si va ad operare nel territorio italiano.
Il settore dove si pratica di più questa tipo di operazione è sicuramente il settore edile.
Sui giornali possiamo trovare diverse notizie che riguardano queste tipo di pratica.
Il tutto è possibile farlo rispettando le leggi rumene, italiane ed europee, ma bisogno curare tantissimi dettagli.
alcune informazioni utili:
Un cantiere di montaggio o di costruzione la cui durata non oltrepassa i 12 mesi» non configura, di per sé, stabile organizzazione in Italia dell'impresa appaltatrice rumena (art. 5 Convenzione Italia/Romania, più favorevole al contribuente dell'art. 162 Tuir e pertanto prevalente ex art. 169 Tuir).
Il commentario Ocse fornisce interpretazioni sui temi del cantiere e del subappalto, anche con fini antielusivi: la verifica circa l'esistenza o meno della durata di 12 mesi deve essere svolta separatamente per ciascun cantiere (nel caso di più cantieri non connessi fra loro); il cantiere frazionato in più contratti deve essere considerato unico se l'intervento è dotato di coerenza e unitarietà commerciale e geografica; le interruzioni stagionali o temporanee (per scioperi, maltempo ecc.) sono comunque comprese nella durata del cantiere; nel caso di subappalto di opere da parte dell'appaltatore principale il tempo impiegato dai subappaltatori deve essere sommato in capo all'appaltatore principale (fermo restando che anche per i subappaltatori si avrà stabile organizzazione se la loro attività supera i 12 mesi); l'esistenza del cantiere si ha dalla data in cui l'impresa estera avvia il proprio intervento e fino a che non è completato o permanentemente abbandonato.
Tanto premesso e opportunamente ricordato che «l'appalto è il contratto col quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un'opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro» (art. 1655 c.c) e che «l'appaltatore non può dare in subappalto l'esecuzione dell'opera o del servizio, se non è stato autorizzato dal committente» (art. 1656 c.c.), ove la durata del cantiere ecceda i 12 mesi occorrerà valutare molto attentamente, pur se in presenza di un subappalto totale, se davvero esistano solidi elementi tali da poter fondatamente argomentare l'insussistenza di una stabile organizzazione in Italia (ossia, di una «sede fissa di affari in cui l'impresa esercita in tutto o in parte la sua attività», art. 5, comma 1 della Convenzione bilaterale e, con lieve difformità, art. 162, comma 1 del Tuir, e dunque di una sede localizzata in maniera non occasionale nel territorio dello stato) e poter così dimostrare, anche in sede giudiziale, l'inesistenza della stessa, circostanza non semplice da sostenere, a nostro avviso, in relazione alla richiamata nozione codicistica di appalto e posto che tale contratto proprio nel settore edile implica e determina in capo all'appaltatore, ai sensi di varie normative, una complessa e delicata rete di rapporti giuridici e fattuali (supervisione, regia, vigilanza, responsabilità, obblighi, adempimenti) localizzati sul territorio dello stato e che non riteniamo possano venire totalmente meno neppure nell'anomala ipotesi di subappalto totale. Diversamente argomentando, temiamo si possa dubitare seriamente che sussista realmente un rapporto di appalto e che si possa ricadere in ipotesi «patologiche», in particolare di interposizione (fra l'impresa rumena e il subappaltatore italiano) finalizzata a delocalizzare dall'Italia alla Romania parte dell'utile dell'appalto ai sensi e con gli effetti di cui all'art. 37 del dpr 600/73.
Segnaliamo comunque che la stessa Agenzia delle entrate (Ris. 9/3/2007, n. 41) ha precisato, esaminando una diversa tipologia di attività, che la verifica circa l'esistenza di una stabile organizzazione comporta complessi apprezzamenti che investono profili meramente fattuali da valutare sulla base di precisi riscontri e che a tale fine, ove lo si ritenga, è possibile proporre istanza di ruling internazionale ex art. 8, dl 30/9/2003, n. 269, conv. dalla legge 24/11/2003, n. 326.
Ricordiamo inoltre come l'art. 5, comma 4 della Convenzione bilaterale preveda che: «Una persona che agisce in uno stato contraente per conto di un'impresa dell'altro stato contraente, diversa da un agente che goda di uno status indipendente di cui al paragrafo 5, è considerata “stabile organizzazione” nel primo stato se dispone nello stato stesso di poteri che esercita abitualmente e che le permettano di concludere contratti a nome dell'impresa, salvo il caso in cui l'attività di detta persona sia limitata all'acquisto di merci per l'impresa». Trattasi dell'importante nozione di stabile organizzazione «personale», ripresa con alcune differenze dall'art. 162, comma 6 del Tuir.
La configurazione della stabile organizzazione comporta la tenuta delle normali scritture previste per gli imprenditori commerciali dall'art. 14 del dpr 600/73 (cfr. art. 14, u.c.) e la determinazione del reddito (di impresa) secondo i criteri generali del Tuir. La mancanza di una stabile organizzazione comporta alleggerimenti di carattere contabile ma non fa venire comunque meno l'obbligo di dichiarare in Italia i redditi derivanti dall'esercizio di attività commerciali ai sensi degli artt. 23, comma 1, lett. f) e 67, comma 1, lett. i) del Tuir.
Società rumena che lavora in Italia